La totalità delle imprese usa l’email per scambiare informazioni e documenti, ma il 44% è interessato a valutare soluzioni alternative all’insegna del social business e di una nuova dimensione della collaboration. Lo rivela un’indagine condotta da NetworkDigital4 in collaborazione con Top Consult, presentata a Milano all’evento “Immagina un’azienda senza email”
Reportage di Laura Zanotti – Digital4Executive
Condivisione e collaborazione tra le aziende: a che punto siamo in Italia? Considerando che per il 99% delle aziende oggi l’email è lo strumento principale per scambiare le informazioni, la risposta potrebbe sembrare ovvia. Eppure sono molte le aziende pronte a immaginarsi senza posta elettronica. Questa è una delle principali evidenze emerse da un’indagine esclusiva condotta da NetworkDigital4 in collaborazione con Top Consult, presentata a Milano in occasione di un evento intitolato, per l’appunto, “Immagina un’azienda senza email”. A partecipare un nutrito pubblico di manager, interessati a capire come gestire in maniera più funzionale i workflow aziendali che si ramificano in una pluralità di soluzioni e canali tali da rendere difficile il controllo ma anche, e soprattutto, lo sviluppo di modelli allineati all’evoluzione del lavoro e della comunicazione.
Le tecnologie digitali, infatti, stanno favorendo una nuova cultura del dato: velocità, accessibilità, fruibilità e condivisione e sicurezza sono diventati i cinque asset da cui nessun tipo di comunicazione può prescindere.
«Trainata dai consumatori, la digital transformation delle aziende è un processo in atto da tempo – ha spiegato Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Application Governance del Politecnico di Milano. Bisogna considerare che, fino all’arrivo dei millennial, i dipendenti usavano la tecnologia fortemente spronati dall’azienda, che sceglieva le soluzioni e faceva formazione. Non solo: il lavoro era organizzato in silos e ogni ufficio ciascuno gestiva le proprie attività in modo indipendente, con una logica ad alveare e una gerarchia intrinseca. Nel tempo, questi e altri retaggi organizzativi sono stati messi in discussione perché non corrispondono più a quello che sta succedendo dentro e fuori il business».
Come e perché la collaboration è la chiave per il successo aziendale
Oggi la collaborazione è un nuovo abito mentale: riguarda ormai svariati ambiti ed è entrata a far parte di un nuovo approccio al lavoro. La produttività individuale è stata potenziata da un’esperienza d’uso amplificata dall’elettronica di consumo, a partire dagli smartphone e dai tablet che hanno portato nelle aziende una multicanalità arrivata dal basso. La consumerizzazione e la pervasività dell’IT se da un lato hanno velocizzato il business, dall’altro hanno cambiato il modo di lavorare. Sono nate nuove applicazioni che hanno rinnovato le modalità di scambio, a seguito del proliferare dei social media come, ad esempio, Whatsapp o Skype per citare solo i più noti. La mail, però, rimane lo strumento principe della comunicazione, con il doppio ruolo di contatto e repository per qualsiasi tipo di file. Il tutto, in modo alquanto destrutturato e, soprattutto, chiuso dentro al computer di ogni singolo utente.
«L’uso indiscriminato della posta elettronica ha un impatto significativo sulle aziende: siamo diventati la repubblica delle mail – ha proseguito Mainetti -. Uno dei driver che ha condotto le organizzazioni a questo punto è il lavoro in mobilità, che ha introdotto in azienda una varietà di flussi comunicativi di difficile tracciabilità e capitalizzazione. Oggi è quasi impossibile misurare e rendere efficienti i processi, e c’è uno scarsissimo livello di comunicazione e condivisione delle informazioni tra le diverse unità organizzative. Dalle indagini degli Osservatori del Politecnico di Milano emerge come le aziende perdano moltissimo tempo a ricercare o ricreare informazioni già presenti e come accusino serie difficoltà nel monitorare lo stato di avanzamento dei processi».
Le 3T della condivisione: trasparenza, tracciabilità e tecnologia
In questo contesto, prendere decisioni non è facile perché manca un coordinamento informativo. Chi gestisce l’IT si trova a un bivio: come favorire la comunicazione e la collaborazione, riuscendo a gestire processi strutturati e organizzati in modo gerarchico dall’inizio alla fine? Come favorire l’intelligenza collettiva aziendale, stimolando il lavoro e la produttività dei singoli evitando ridondanze, confusione e perdita di informazioni? In ogni azienda, infatti, ci sono processi decisionali e attività non predefinibili, che dipendono dal singolo caso e sono difficilmente standardizzabili.
Sempre più spesso alcuni flussi di lavoro prevedono il contributo di specialisti afferenti a differenti LOB (Line of Business) che, comunque, attivano intense relazioni, spesso trasversali alle diverse unità. In ogni azienda c’è quindi una meta-comunicazione fatta di sotto processi decisionali e collaborativi che, non essendo tracciati, portano a un’opacità nella filiera. Basti pensare al caso di un processo di vendita in cui, per una telefonata tra il fornitore e il cliente, sia successo qualcosa e la pratica rimanga bloccata e il processo di business non si concluda per un motivo che sfugge alla direzione.
Collaborazione significa organizzazione, condivisione e, soprattutto, massima trasparenza informativa. È necessario predisporre soluzioni tecnologiche adeguate e convergenti: l’office automation, la gestione documentale, i sistemi gestionali e tutto l’insieme di strumenti di comunicazione e di collaborazione utilizzati da colleghi, dipendenti, collaboratori, partner e clienti.
«I processi decisionali oggi sono legati alla conoscenza. Sviluppare conoscenza è il risultato di un processo collaborativo – ha ribadito Pier Luigi Zaffagnini, CEO di Top Consult -. Condividere informazioni e connettersi con i colleghi è fondamentale per supportare il business. La nostra lunghissima esperienza nella gestione documentale non solo ci ha permesso affiancare in questo percorso centinaia di realtà ma ci ha dato un’occasione unica: capire l’evoluzione degli utenti e anticipare il maturare di nuove esigenze. È questo che ha portato un contributo fondamentale al nostro lavoro di Ricerca e Sviluppo, che ci ha permesso di mettere a punto una soluzione di Collaboration 3.0. TopMedia Social NED è, infatti, una piattaforma che mette a fattor comune tutti gli aspetti di condivisione delle informazioni e dei contenuti che arrivano dalla nuova dimensione multicanale della comunicazione. La vera svolta è che permette di centralizzare i workflow strutturati e destrutturati, introducendo funzionalità di office automation che includono coeditig, self service analytics, archiviazione personale e integrazione con i sistemi gestionali, il tutto con un approccio estremamente intuitivo e un’interazione drag & drop nello scambio dei file condivisi».
Il valore aggiunto della piattaforma è una progettazione in chiave social, che prevede una bacheca principale e una serie di funzionalità accessibili attraverso l’apertura di gruppi di lavoro che possono includere tutti gli interlocutori di uno o più processi aziendali, interni ed esterni all’azienda. Il tutto evitando la moltiplicazione dei messaggi, la ridondanza dei documenti, la dispersione delle informazioni, la mancanza di visibilità su aspetti chiave della comunicazione strutturata o destrutturata. In questo modo, la Collaboration aziendale diventa davvero 3.0, guadagnando in flessibilità e velocità, favorendo la conoscenza collettiva aziendale.
Ma le aziende sono pronte alla Collaboration 3.0?
Il passaggio a una nuova forma di collaborazione in chiave social risponde alle esigenze del mercato. Lo confermano i dati della survey condotta dagli analisti di NetworkDigital4, in collaborazione con Top Consult, su un campione di 80 aziende di medie e grandi dimensioni operanti in tutti i settori per capire quali strumenti sono le modalità di scambio delle informazioni in azienda e quali invece gli strumenti utilizzati per lo scambio e la condivisione di documenti, immagini, file audio e video e progetti. Il cardine della comunicazione aziendale è la mail, con il 99% delle risposte, seguito al secondo posto dalla riunione classica (63%), dal telefono (40%) e da servizi di chat interni (25%). Solo il 23% del campione utilizza una piattaforma di video-collaboration e solo il 9% fa call on line con soluzioni tipo Skype.
Un altro tema emerso dall’indagine è la problematica dell’accessibilità ai documenti aziendali. La multicanalità, infatti, è ancora un miraggio dal momento che solo il 17% delle imprese intervistate consente l’accesso ai contenuti da pc o da notebook aziendale e/o personale, così come da smartphone e tablet. Questo, a fronte del fatto che per tutti gli utenti poter accedere ai dati e alle informazioni da qualsiasi dispositivo, che si tratti di pc, notebook, smartphone o tablet continui a essere un freno.
La ricerca evidenzia come le imprese italiane si trovino a un bivio, accettando la diversificazione di soluzioni che entrano in azienda dal basso, con dipendenti e collaboratori che portano soluzioni e le diffondono generando dei trend tecnologici come l’utilizzo promiscuo di soluzioni come WeTransfer per lo scambio di documenti più pesanti (35% delle aziende). Solo il 23% del panel utilizza una piattaforma collaborativa più evoluta. A fronte di questo, il 34% delle aziende esprime l’esigenza di rimuovere la rigidità dei workflow aziendali per sostituirli con soluzioni collaborative che bypassino la posta elettronica. L’esigenza degli utenti di essere veloci, ma anche di poter intervenire in modo tempestivo e proattivo nell’ambito di progetti e comunicazioni che sono sempre più spesso il risultato di lavori a più mani, porta quindi le organizzazioni dal non poter più prescindere da soluzioni di collaborazione capaci di ridurre drasticamente la quantità di mail generate dallo scambio di informazioni aziendali.
Lo conferma il 44% delle imprese intervistate. A fronte di un 15% di no, il 40% del panel risponde di non aver mai valutato questa opzione. La risposta ha una sua chiave di interpretazione: i CIO, infatti, sono alle prese con una pluralità di cambiamenti tecnologici e budget sempre più contenuti. Nella scala delle priorità, la complessità dei workflow non sembra ancora una criticità. Valutare la possibilità di centralizzare e razionalizzare i workflow informativi, tramite un’unica piattaforma, fa parte di un percorso di maturità a livello di governance. Da sempre infatti, l’IT si è mosso attraverso una crescita addizionale di soluzioni e sistemi (sia hardware che software) preposti a svolgere una o più attività. Solo quando l’azienda arriva alla soglia critica di un’eterogeneità da cui si genera scarso governo, si innesca un processo di centralizzazione e di razionalizzazione. Con la comunicazione e lo scambio delle informazioni si sta prendendo coscienza del fatto che si è arrivati a un punto critico della governance.
La collaboration 3.0 raccontata da chi la fa
«C’è un’energia che va liberata all’interno dell’azienda – ha commentato Adriano Braghieri, General Manager di GEA, una società specializzata in sistemi di disinfestazione e di monitoraggio degli infestanti delle derrate e degli ambienti – e per farlo è fondamentale introdurre una piattaforma di comunicazione di nuova concezione. Abbiamo introdotto un sistema di collaborazione per gestire le informazioni in modo snello e veloce. Grazie alla soluzione di Top Consult, oggi i dati sono di proprietà dell’azienda ed è più immediato capire quello che succede. Questo ci ha costretti a scardinare antiche abitudini, ma la contropartita è stata l’efficienza e la velocità nella gestione dei progetti (in gran parte gestione delle commesse). In più c’è il fatto che, lavorando anche come subfornitori di grandi aziende multinazionali, avevamo necessità di comunicazione e trasparenza, proprio per questo abbiamo deciso di passare a una nuova modalità di gestione in chiave 3.0. Ad oggi non vedo alternative: il futuro del business è questo».
Grazie ai sistemi di collaborazione di nuova generazione chi fa parte del gruppo può lavorare su un unico documento, contando su meccanismi che tengono conto del work in progress delle revisioni e di nuove modalità di sicurezza che risolvono il problema delle password ed eliminano le code delle notifiche per dare da un unico cruscotto condiviso il quadro delle attività, oltre alla sezione delle chat per lo scambio delle informazioni e degli aggiornamenti.
«Per la nostra organizzazione il percorso è stato analogo – ha raccontato Angelo Cantoni, Consulente Informatico di DIGILAN, società che gestisce 27 cooperative per un totale di oltre 4500 dipendenti -. Spesso avevamo il problema del filtering per cui non si ricevevano email importanti e l’abuso della posta elettronica ci ha obbligato a imporre una policy che prevede l’inserimento per ogni invio al massimo di 3 o 4 persone per conoscenza. In media ognuno di noi riceveva 150 email al giorno: eravamo arrivati a una situazione ingestibile. Utilizzare la piattaforma di Top Consult non solo ha risolto la gestione di moltissimi workflow ma, per le attività trasversali in cui è fondamentale il brainstorming, ha portato massima trasparenza e condivisione delle informazioni».
Ieri il problema della conoscenza implicita e di quella esplicita faceva parte dei problemi del knowledge management aziendale. Oggi, grazie alle tecnologie digitali, a nuovi livelli di integrazione e a una maturità degli utenti verso forme di comunicazione innovative è possibile integrare il social business all’interno delle aziende e favorire la produttività individuale attraverso uno Smart Working di nuova generazione. Infatti, il 29% del campione intervistato conferma di voler valutare l’utilizzo di una piattaforma collaborativa che elimina l’uso delle mail attraverso la creazione di gruppi di lavoro che condividono qualsiasi tipo di informazione e di file in modalità multicanale.