La conservazione digitale rappresenta l’epilogo di un efficace processo di gestione documentale, ma non solo, in alcuni casi essa è obbligatoria. Le aziende che dematerializzano i propri archivi documentali beneficiano, indubbiamente, di molteplici vantaggi a partire dalla riduzione dei costi operativi per arrivare a una migliore efficienza complessiva. D’altra parte, con l’introduzione di varie normative che sempre più spingono verso la digitalizzazione (da quella sulla fatturazione elettronica in poi), qualsiasi organizzazione non può più evitare di occuparsi di questa materia.
Conservazione digitale obbligatoria, per quali documenti?
La conservazione digitale è obbligatoria per alcuni documenti. In particolare, è espressamente indicata per le fatture elettroniche, i contratti firmati digitalmente, i messaggi mail inviati tramite PEC – Posta Elettronica Certificata (che assimilata al resto della corrispondenza deve essere conservata per 10 anni).
Più in generale, con il diffondersi degli strumenti software le aziende sono tenute a conservare digitalmente a norma qualsiasi dato che possa essere oggetto di contenzioso o controllo da parte di enti o funzionari. In base a questa considerazione, sono tantissimi i documenti che sono riconducibili a un processo o servizio e che devono avere efficacia probatoria e quindi si allarga il perimetro entro il quale valutare la conservazione digitale.
Detto questo, dal punto di vista legislativo oggi è possibile conservare digitalmente tutti i documenti fiscali e amministrativi senza pericolo di incorrere in problemi di validità. Per fare qualche esempio si pensi, oltre che a tutta la corrispondenza, alle conferme d’ordine e agli ordini stessi, ai documenti di trasporto, agli avvisi di consegna, alle dichiarazioni fiscali, ma anche ai bilanci d’esercizio (Conto Economico, Stato Patrimoniale, Relazione gestionale, Nota integrativa, Relazione sindaci e revisori) ai libri ai registri contabili, CUD, documenti sanitari, pagamenti con modelli F23 e F24 eccetera.
In pratica, si fa così riferimento a qualsiasi documento e contratto che venga prodotto o ricevuto da un’organizzazione per svolgere il proprio business.
Documenti informatici e contratti digitali
Secondo quanto indicato dalle Linee Guida sulla Formazione, Gestione e Conservazione dei documenti informatici fissate da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) il documento informatico ha efficacia dal punto di vista legale secondo l’articolo 2702 del Codice Civile quando ha apposta una firma digitale o comunque se è possibile l’identificazione informatica del suo autore. Esso, inoltre, deve essere prodotto in modo da garantire sicurezza, integrità e immodificabilità nel tempo.
Il contratto informatico è, invece, quel documento scritto e siglato da tutte le parti in causa mediante l’esclusivo uso di tool informatici e che poi deve corrispondere agli stessi requisiti dei documenti informatici. L’utilità dei contratti digitali non si limita al fatto che consentono i risparmi tipici della gestione documentale elettronica, ma riguarda la possibilità di inserirli nei flussi di lavoro, predisponendo -ove possibile- automatismi tali da rendere più rapidi i workflow. Grazie alla digitalizzazione dei documenti e a software sempre più intelligenti, si possono -infatti- automatizzare i processi, in modo da rendere appunto automatiche molte attività burocratiche, come per esempio l’inserimento ordini a sistema, sollevando così gli addetti da compiti a basso valore aggiunto.
In cosa consiste la conservazione digitale
È importante in questo contesto, dato che si è illustrato quando la conservazione digitale è obbligatoria, sottolineare la differenza tra la conservazione e l’archiviazione digitale. Non è corretto, infatti, intendere questi concetti come sinonimi e, soprattutto: impostare i processi di gestione documentale senza aver chiara la distinzione, significa correre il rischio di non essere conformi alle regole.
L’archiviazione digitale riguarda la memorizzazione di contenuti all’interno delle macchine, su supporti esterni e così via. È un’operazione che non viene disciplinata da alcuna normativa, solitamente le organizzazioni fanno archiviazione e back up per proteggere il proprio bagaglio di conoscenza.
La conservazione digitale consiste nell’insieme di processi e attività progettati per conservare nel tempo i documenti e garantisce accessibilità dei dati, la loro utilizzabilità (ovvero leggibilità e intelligibilità), integrità e autenticità (oltre a identificabilità univoca) e reperibilità. È un procedimento regolato nelle sue modalità operative da AgID che indica la natura e la funzione del sistema, ne descrive il processo tecnico e i modelli organizzativi. AgID, inoltre, descrive i ruoli dei soggetti coinvolti (in particolare quello del Responsabile della Conservazione) e le loro funzioni e impone che sia redatto il Manuale della Conservazione che illustri nel dettaglio il funzionamento del processo progettato dall’azienda e le misure di sicurezza adottate. Si tratta di un documento che da certificare e periodicamente aggiornare e che deve essere presentato su richiesta delle autorità competenti.
Conservazione digitale a norma, in sintesi
In estrema sintesi, il procedimento da seguire è il seguente. Predisposto secondo la normativa il documento informatico, a questo vengono associati i metadati. Questi ultimi rappresentano le informazioni che consentono di capire come è strutturato il contenuto e di riprodurlo nel formato originale in caso di consultazione.
A queste informazioni si aggiunge il Pacchetto di Versamento (i dati da passare in conservazione che consentono di mettere insieme più file relativi a una pratica) che, una volta apposti firma digitale e marca temporale da parte del Responsabile della Conservazione (operazioni imprescindibili per determinare quando finisce il processo), diventa Pacchetto di Archiviazione.
Conservazione digitale, le regole emanate nel 2022
Con l’entrata in vigore delle nuove linee guida a inizio 2022, per quanto riguarda la Conservazione, si è posta particolare attenzione sulla figura del Responsabile della Conservazione. Nel documento AgID si parla di un profilo che deve avere: competenze anche informatiche e archivistiche, oltre che legali, non coincide con il Conservatore ed è tenuto a coordinare e supervisionare tutto il processo di conservazione.
Sono, inoltre, stati introdotti nuovi metadati, volti a indicizzare al meglio i documenti e permetterne una lettura precisa in fase di recupero e favorendo una maggiore interoperabilità all’interno di aziende e PA e tra le varie realtà private.
Ancora, per ottimizzare lo scambio di dati all’interno dei sistemi informativi è stato introdotto un nuovo standard di conservazione: SinCro UNI 11386:2020.
Sempre per garantire più leggibilità e usabilità dei file, sono aumentate le tipologie di formati consentiti.
Infine, da gennaio 2022 è stabilito che tutti le organizzazioni, pubbliche e private, devono avere il loro Manuale di Conservazione in modalità digitale, anche se hanno affidato il servizio a un fornitore esterno.
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